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Conversazioni WhatsApp: spiarle è reato
Spiare le conversazioni WhatsApp è reato
Corte di Cassazione : Spiare i messaggi su WhatsApp è un reato e può comportare pene fino a 10 anni di reclusione.

Nel contesto di una causa di separazione, un ex marito ha presentato come prova alcune conversazioni private tra la sua ex moglie e un collega di lavoro, con l’intento di dimostrare l’esistenza di una relazione extraconiugale.
La vicenda ha assunto toni ancora più delicati quando la donna ha denunciato l’ex coniuge per aver ottenuto quei messaggi in modo illecito. Secondo quanto riportato, l’uomo avrebbe violato il telefono della donna — protetto da password — e salvato senza consenso le conversazioni scambiate con il collega.
La sentenza della Corte di Cassazione: il reato di Accesso Abusivo a Sistema Informatico
La Corte di Cassazione si è pronunciata con chiarezza su un caso riguardante la separazione di una coppia, in cui l’ex marito aveva estratto senza consenso le conversazioni private dell’ex moglie, con l’intento di produrle in giudizio al fine di dimostrare la relazione extraconiugale della Stessa. Secondo la Corte di Cassazione, il comportamento dell’uomo configura il reato di accesso abusivo a un sistema informatico.
Infatti, la Corte ha rilevato che l’uomo ha «arbitrariamente invaso la sfera di riservatezza della moglie», accedendo al contenuto dello smartphone protetto da password.
La nota app di messaggistica utilizzata dalla donna è stata qualificata dalla Cassazione come un sistema informatico, in quanto «applicazione software progettata per gestire le comunicazioni tra utenti». Di conseguenza, «sussiste, nel caso si specie, il reato contestato, poiché la protezione del sistema, nel quale l’imputato si è trattenuto abusivamente, era stata assicurata attraverso l’impostazione di una password».
In conclusione
L’accesso non autorizzato e la lettura dei messaggi configura un reato, l’accesso a questi sistemi deve essere limitato al solo proprietario del telefono e , anche in caso di un permesso temporaneo, se l’accesso continua oltre i termini concessi, si configura un’azione penalmente perseguibile.
Infatti ai sensi dell’articolo 615 ter del codice penale «Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni» la pena è della reclusione da due a dieci anni «se 1) il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio [..] , 2) se il colpevole per commettere il fatto usa minaccia o violenza sulle cose o alle persone, ovvero se è palesemente armato; 3) se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento ovvero la sottrazione, anche mediante riproduzione o trasmissione, o l’inaccessibilità al titolare del sistema o l’interruzione totale o parziale del suo funzionamento, ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle informazioni o dei programmi in esso contenuti. [..] »
