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INTERCETTAZIONI TRA PRESENTI. LA CASSAZIONE: SONO PROVE DOCUMENTALI A TUTTI GLI EFFETTI

Intercettazioni tra Presenti

INTERCETTAZIONI TRA PRESENTI. LA CASSAZIONE:
SONO PROVE DOCUMENTALI A TUTTI GLI EFFETTI

(AICIS) Le registrazioni dei privati in aree condominiali o a uso comune sono prove documentali valide nel processo e, nei procedimenti per stalking, possono essere poste a fondamento della misura di prevenzione del divieto di avvicinamento, disposta in vista dell’imputazione per atti persecutori. Lo ha confermato la Cassazione penale nella sentenza n. 32544/2020.

Il caso era sorto per una lite tra avvocati e la questione ruotava intorno al quesito se il socio che videoregistrava in spazi condominiali dello stabile dove si trova lo studio comune o in spazi dell’area privata, ma aperti alla vista, commettesse o meno il reato di interferenza illecita nella vita privata dell’altro socio di cui lamentava il comportamento persecutorio.

Anche per la giurisprudenza di merito “le registrazioni, video e/o sonore, tra presenti, o anche di una conversazione telefonica, effettuata da uno dei partecipi al colloquio, o da una persona autorizzata ad assistervi, costituisce prova documentale valida e particolarmente attendibile, perché cristallizza in via definitiva ed oggettiva un fatto storico” (Tribunale Pescara Sentenza, 23 settembre 2019).

Anche la Sezione Lavoro della Cassazione Civile ha ricordato “L’utilizzo a fini difensivi di registrazioni di colloqui tra il dipendente ed i colleghi sul luogo di lavoro non necessita del consenso dei presenti, in ragione dell’imprescindibile necessità di bilanciare le contrapposte istanze della riservatezza da una parte e della tutela giurisdizionale del diritto dall’altra e pertanto di contemperare la norma sul consenso al trattamento dei dati con le formalità previste dal codice di procedura civile per la tutela dei diritti in giudizio; ne consegue che è legittima, ed inidonea ad integrare un illecito disciplinare, la condotta del lavoratore che abbia effettuato tali registrazioni per tutelare la propria posizione all’interno dell’azienda e per precostituirsi un mezzo di prova, rispondendo la stessa, se pertinente alla tesi difensiva e non eccedente le sue finalità, alle necessità conseguenti al legittimo esercizio di un diritto”.

In una precedenza sentenza – 21 febbraio 2020, n. 21027 – la Corte aveva stabilito anche che le videoregistrazioni effettuate dai privati con telecamere di sicurezza sono prove documentali, acquisibili ex art. 234 cpp, sicché i fotogrammi estrapolati da detti filmati ed inseriti in annotazioni di servizio non possono essere considerati prove illegittimamente acquisite e non ricadono nella sanzione processuale di inutilizzabilità.

Sempre in tema di videoregistrazioni, la Corte nella sentenza 21 novembre 2019, n. 15206 occupandosi delle riprese d’iniziativa (cioè senza autorizzazione) della polizia giudiziaria aveva stabilito che le riprese di comportamenti “non comunicativi”, che rappresentano la mera presenza di cose o persone ed i loro movimenti, costituiscono prove atipiche se eseguite in luoghi pubblici, aperti al pubblico o esposti al pubblico, ovvero in ambienti privati diversi dal “domicilio”, nei quali deve essere garantita l’intimità e la riservatezza, essendo necessario, solo in tale ultimo caso, ai sensi dell’art. 189 cpp, per la loro utilizzabilità, un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria che le giustifichi rispetto alle esigenze investigative e all’invasività dell’atto, mentre sono da qualificarsi come prove illecite, di cui è sempre vietata la acquisizione e l’utilizzazione, ove eseguite all’interno di luoghi riconducibili alla nozione di “domicilio”, in quanto lesive dell’art. 14 Cost. 

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