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TROJAN: LEGITTIMA LA CAPTAZIONE ANCHE ALL’ESTERO

Trojan Captazione

TROJAN: LEGITTIMA LA CAPTAZIONE ANCHE ALL’ESTERO

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(AICIS) Non ci vuole una rogatoria internazionale per utilizzare le intercettazioni captate da un “trojan” piazzato nel cellulare, mentre la persona controllata si era recata all’estero. Parola della Seconda Sezione Penale della Cassazione, intervenuta sul tema con la sentenza n. 29362/2020.

Secondo la corte «l’intercettazione ambientale a mezzo captatore informatico (più volgarmente cosiddetto “trojan”) introdotto in Italia ed eseguita anche all’estero per lo spostamento della persona intercettata non richiede l’attivazione di una rogatoria internazionale, atteso che l’installazione del captatore avviene in territorio nazionale e la captazione nei suoi sviluppi finali e conclusivi si realizza in Italia attraverso le centrali di ricezione che fanno capo alla Procura della Repubblica».

Il procedimento riguardava il procedimento di riesame di una misura custodia in carcere per una accusa di associazione per delinquere di stampo camorristico, con l’aggravante della transnazionalità, confermata dal Tribunale del Riesame di Reggio Calabria.
La Cassazione ha ritenuto utilizzabili le conversazioni in questione in quanto “iniziate” e “svolte” in Italia risultando, quindi, rispettati i parametri di cui agli artt. 15 e 24 della Costituzione e di cui all’articolo 8 della dovendosi escludere preclusioni riguardanti le intercettazioni effettuate mediante captatore informatico transitato all’estero. Sul punto si era espressa nello stesso senso più volte anche la Corte Europea dei Diritti Umani il 10 febbraio 2009, il 9 gennaio 2001, il 23 settembre 1998. In tutte le citate pronunce la Corte Europea aveva stabilito che «le intercettazioni sono legittime se giustificate in base ai parametri indicati nell’articolo 8 § 2 UE”, cioè la legalità, la legittimità dell’obiettivo perseguito, la necessità e la proporzionalità».

La stessa Corte UE, con sentenza del 23 febbraio 2016 ha affermato la compatibilità delle intercettazioni disposte nei procedimenti per delitti di criminalità organizzata con il diritto al rispetto della vita privata e il diritto al “processo equo”, sanciti rispettivamente dall’articolo 8/8 e dall’articolo 6 CEDU.

Per parte sua la Cassazione italiana ricorda che: «i sistemi di captazione de quibus non sono costituiti solamente dal trojan, cioè dal semplice software (rectius, malware), che viene inoculato, ma anche dalle piattaforme necessarie per il loro funzionamento, che ne consentono il controllo e la gestione da remoto e che ricevono i dati inviati dal captatore in relazione alle funzioni investigative attivate. I dati raccolti sono, infatti, trasmessi, per mezzo della rete internet, in tempo reale o ad intervalli prestabiliti ad altro sistema informatico in uso agli investigatori». E ancora: «i dati provenienti dal captatore informatico devono essere cifrati e devono transitare su un canale protetto sino al server della Procura che è il primo ed unico luogo di memorizzazione del dato. Ogni file è dunque cifrato e reca una password diversa rispetto a quella utilizzata per la memorizzazione sul server; ne consegue che ogni file per essere ascoltato deve essere decripato».

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